DIECIANNIEOTTOMESI
Il neon all’entrata dell’aula Gip del Tribunale, continua a ticchettare da stamattina come un orologio rotto che segna a vuoto il tempo.
Io sono in piedi nel mio lunghissimo cappotto verde nano, davanti a me il giudice, il cancelliere, i tirocinanti, alla mia sinistra il pm, dietro a me la cliente e la mia collega di studio: tutte donne, otto donne che aspettano il dispositivo di una sentenza di un processo che giudica un uomo che ha abusato delle sue figlie minori per anni.
“….condanna XX a dieci anni e otto mesi di reclusione…”
Per un attimo mi viene da piangere dietro la mascherina.
Dieciannieottomesi: mi ricordo il giorno che la figlia piccola disse a sua madre di essere stata abusata, la signora era già mia cliente, mi mandò gli screenshot della conversazione con la figlia: ero dal parrucchiere, la prima persona che chiamai fu il mio psicoterapeuta: “come si gestisce una bambina abusata?”
Dieciannieottomesi: rivedo la mia assistita che racconta i fatti al carabiniere, quattro ore di denuncia: “Mi toglieranno i bambini?”, “La scuola vuole il consenso di mio marito per fare andare la bambina in gita, come farò?”, “Non si preoccupi signora andremo noi a spiegare tutto alla preside” dice calmo il carabiniere.
Dieciannieottomesi: l’arresto. Noi non sapevamo nulla: la notizia compare su un giornale locale
“Ci sono solo le iniziali della persona arrestata ma è lui”
“ Si anche a me pare lui, la storia è la stessa, le iniziali sono le stesse”
Noi eravamo parte offesa, si era ancora in fase di indagine, accadevano le cose ma non ne sapevamo nulla:
“Quanto dobbiamo aspettare? Cosa succederà? Mi toglieranno i bambini?
“Non lo so ma noi siamo qui pronti se succede qualcosa”
Dieciannieottomesi: l’audizione della bambine, la psicologa, le domande del giudice
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