Tu non ucciderai con l’aborto il frutto del grembo e non farai perire il bimbo già nato.Didachè Apostolorum, V, 2Una delle principali conquiste del Cristianesimo in ambito sociale è stata l’aver estirpato l’orribile crimine dell’aborto e dell’abbandono dei neonati, che nel mondo pagano era tollerato o addirittura accettato. Il rispetto per la vita deriva infatti dalla sua perfetta rispondenza alla Legge naturale. Uccidere il bambino con l’aborto è odioso per il fatto che la vittima è innocente, indifesa e massacrata (poiché di massacro si tratta) con il consenso di colei che dovrebbe invece proteggerla con tutte le proprie forze. La società cristiana ha dunque eliminato un crimine diffuso, dimostrando come il rispetto e la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale sia un principio inviolabile.
Ma come sempre avviene quando si agisce per il male, anche gli stessi fautori dell’aborto dovevano in qualche modo “rendere digeribile” questo orribile delitto, cercando di giustificarlo con esempi che quasi mai si verificano, e che rimarrebbero comunque inaccettabili: la donna violentata dal bruto, la ragazzina sedotta dal vecchio vizioso e tutta la casistica teorica utile ad aprire la “finestra di Overton”.
Decenni di massacri ai danni di creature innocenti – solo in Italia oltre sei milioni di bambini gridano vendetta al Cielo! – hanno dimostrato che le giustificazioni addotte per introdurre l’aborto nella legislazione civile erano dei pretesti, mentre nella realtà constatiamo con dolore che l’infanticidio è quasi sempre motivato da cinismo, da egoismo, da ignoranza. Cinismo, per l’incuranza con cui si accetta anche solo come ipotizzabile il ricorso all’uccisione di una persona per proprio tornaconto personale; egoismo, perché chi abortisce decide che la propria volontà prevalga sui diritti di un altro essere umano; ignoranza, perché quasi nessuna madre sa a quali tormenti sia realmente sottoposto il feto per espellerlo dal grembo materno e quanto lei ne esca traumatizzata.
Cinismo, egoismo e ignoranza si riassumono in una mancanza di senso morale, aggravato dall’atteggiamento ormai rinunciatario con cui la Gerarchia Cattolica affronta questo esecrabile crimine, quasi dovesse farlo per costrizione.
Ai tempi di Giovanni Paolo II una simile desistenza sarebbe stata impensabile, perché, il Papa polacco pur influenzato da filosofie eterodosse, rimaneva pur sempre un implacabile e fier
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