>>179741>>179742>>179746La cultura non è un prodotto commerciale.
Dante non ha scritto la Divina Commedia per venderne copie, ma solo per l'enorme
cope che Beatrice l'aveva massimamente friendzonato.
E così pure Manzoni, che non ha scritto per diventare ricco o almeno famoso, ma solo perché non avendo niente da fare (era ricco), gli andava di cazzeggiare in biblioteca e di fare un romanzo dove gli stronzi come Don Rodrigo fanno una brutta morte, e le pulzelle come Lucia coronano il sogno d'amore senza rischiare di finir suore.
Quel ricchione di Umberto Eco (fece outing) dichiarò di aver scritto
Il Nome Della Rosa solo perché voleva "uccidere un monaco". Infatti fa strage di monaci, per di più dando la colpa a un monaco. Ma al di sotto di questa patetica trama pseudopoliziesca, c'è che i protagonisti propugnano il
nominalismo filosofico, e quindi il mondo della "cultura" nichilista contemporanea lo ha shillato potentemente.
Il bello (faccio solo questa digressione e poi vado a fare la cacca) è che Eco insegnava filosofia all'università di Milano e propugnava l'idea che "la realtà non esiste"
(nuda nomina tenèmus: delle cose avremmo "solo i nudi nomi"), che è una cazzata atroce (e infatti la fa dire a Cazzo De Melk nelle ultimissime pagine del romanzo)
Una volta, a inizio anno, fu invitato a tenere la prolusione accademica, cioè la predica da infliggere alle matricole. E ovviamente fece tutto uno sproloquio "filosofico" per dire che la realtà non esiste. Al momento delle domande, si alza un giovine studentello ciellino e con rigorosa logica gli chiede: "scusi professore, ma se la realtà non esiste, allora nemmeno lei esiste. Dunque ci spiega cosa è venuto a fare qui?"
Si sentì letteralmente un
BOATO di applausi.
Eco, da buon ricchione, alla domanda preferì non rispondere.